La Canzone Napoletana
Siamo nel 1945, la guerra è finita e sono cambiate molte cose, tanto nel panorama della città, quanto nella vita della gente; la Napoli a cavallo dell’800-‘900, nonostante le tante tribolazioni che ha patito, diventa nell’immaginario collettivo un ricordo nostalgico, di un tempo che fu e che non ritornerà.
In questo contesto, il dopoguerra segna anche la fine dell’epoca d’oro della canzone napoletana, all’interno della quale avviene un grande e importante cambiamento: scompare la figura del poeta che per decenni aveva fornito di versi e vere proprie liriche i compositori, i quali le avrebbero musicate solo in seguito ad averle lette e assimilate; in questa nuova fase invece, succede che sono i musicisti a fornire di melodie i cosiddetti parolieri che adegueranno delle strofe ad una musica già composta.
C’è da dire inoltre, che la nostra canzone, sempre in questi anni, subirà la contaminazione di nuovi ritmi venuti da lontano; primo fra tutti il beguine, che sarà la base ritmica della maggior parte dei brani degli anni a venire.
Una breve parentesi va necessariamente aperta in merito al grande ritorno della sceneggiata negli anni sessanta; spopolò in un periodo in cui nella città c’erano più teatri che salumerie, all’interno dei quali il popolo s’immedesimava a tal punto nei protagonisti del dramma, che capitava spesso che ‘o malamente, ovvero l’infame della rappresentazione, venisse perseguitato poi a suon di calci, insulti e sputi e che il malcapitato dovesse addirittura essere sottratto dalle grinfie del pubblico.
Il coraggio e il professionismo di alcuni musicisti, autori di testi e interpreti, forse primo fra tutti Sergio Bruni, ha fatto si che la canzone napoletana sopravvivesse più di quanto i tempi lo richiedessero, protraendosi fino agli anni settanta, durante i quali sono nate le ultime grandi perle di questo meraviglioso filone musicale.
Non manca in tempi più recenti però, qualche componimento musicale che richiami quelle sonorità, quel dialetto e quei contenuti che hanno contraddistinto la canzone napoletana nei secoli, pur rappresentando eventi eccezionali, in un contesto che va verso una nuova direzione, quella che, prima di farci sentire napoletani, ci proietta in un mondo senza confini cittadini, sempre più multimediale e facilmente approcciabile.
L’augurio quindi che facciamo è che tutto l’impegno, la dedizione e l’amore che è stato profuso per il compimento della nostra cultura e in particolare della nostra canzone, sia pari nella realizzazione di un nuovo contesto artistico e magari anche sociale, a livello internazionale, in cui la nostra esperienza sana di napoletani possa apportare beneficio e miglioramento, a patto però, che essa sia ricordata per ciò che ha rappresentato e rappresenta in chi ancora oggi attinge alla napoletanità, che non è quella che ti viene attribuita all’anagrafe, ma il risultato dell’esperienza millenaria di un popolo, tramandata nel tempo e attraverso i suoi canti, e che alberga nel cuore di chi la ospita, napoletano o no che esso risulti all’atto di nascita.